Anche i giornalisti tengono famiglia. Se ne conoscono parecchi e se ne comprendono le dinamiche. Meno comprensibile è invece l’ostinazione con cui il governo vorrebbe nominare presidente della Rai Marcello Foa, uno che, a parte le idee politiche di cui parlano ampiamente da giorni tutti i giornali, si è scoperto ha un figlio 24enne che lavora alle dipendenze di Salvini, anzi non solo: fa parte della macchina della propaganda allestita dal leader del Carroccio sui social, in particolare Facebook, utilizzati per alzare il livello di attenzione contro gli stranieri, ossia per indurre l’opinione pubblica, fomentata nelle proprie paure, a sostenere la crociata leghista, che ha ragione di esistere proprio perché esiste la paura.
Magari un giorno si scoprirà pure che la foto del sit-in del Pd a piazza del Comune con Luisa Ciambella e Martina Minchella era stata presa in cura proprio dal giovane Foa, ma nel frattempo una cosa è chiara: visto il lavoro del figlio, il padre farebbe meglio a farsi da parte, sia perché finora aveva sempre negato di avere rapporti politici, sia perché – vi rendete conto da soli – sarebbe alquanto sconveniente per tutti dare la televisione pubblica in mano a chi, pur se bravo professionista, date le premesse, potrebbe non essere uno proprio sopra le parti. Sconveniente oltretutto anche per i 5 Stelle che hanno sempre detto (basta rivedere i messaggi di Di Maio) che i partiti dovevano restare fuori dalla Rai.
Questioni politiche e di famiglia, dunque, in questo “caso” Foa. Che, ironia della sorte, fatte le debite proporzioni, è un po’ come il “caso” Comune di Viterbo, dove tra giunta e Consiglio siedono alcuni congiunti. Riflettete gente, riflettete.