Per comprendere gli effetti del consumo di suolo bisogna salire in alto. Molto in alto. Come ha fatto l’Ispra per realizzare il dossier presentato ieri dal Viterbese (leggi qui). La foto aerea si riferisce alla campagna di Montalto di Castro. Mostra, cerchiati in rosso, alcuni dei terreni che nel corso del 2017 sono stati coperti da campi fotovoltaici, mentre intorno si notano bene altre strutture simili preesistenti. In dodici mesi in quest’area sono stati “cancellati” dalle mappe 62 ettari di suolo. L’anno precedente gli ettari consumati sempre allo stesso scopo erano stati addirittura di più, 65, numeri che hanno fatto di Montalto il comune italiano dove l’incremento del consumo di suolo è stato maggiore.
Consumo di suolo, infatti, non vuol dire esclusivamente cementificazione. Impianti fotovoltaici di queste dimensioni, pur essendo strutture reversibili, vengono considerate da Ispra al pari di strade, cantieri e centri commerciali in quanto causano un forte impatto nell’ambiente e nel paesaggio in cui si inseriscono. Quelli nella foto, spiega il rapporto dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, sono tutti terreni agricoli.
Ben venga ovviamente lo sfruttamento delle energie rinnovabili, ma con queste distese enormi di campi fotovoltaici non stiamo forse esagerando? Lo domandiamo anche a Regione e Provincia perché poi la questione non riguarda solo Montalto.
Il quesito può sembrare un controsenso. Ma in realtà il problema se lo sta ponendo anche la comunità scientifica. Tanto che sono realizzati impianti alternativi ai tradizionali campi fotovoltaici a terra. In Giappone, per esempio, sono arrivati al fotovoltaico galleggiante, senza consumo di suolo. Vedremo quali saranno gli sviluppi.