Facebook, parole di Umberto Ecco, ha dato diritto di parola a legioni di imbecilli. Impossibile non essere d’accordo con lui, a giudicare dalla marea di fake news che ogni giorno, anche nel Viterbese, viene riversata sui social da migliaia di invasati senza arte, né parte, che, diversamente, non avrebbero avuto neanche l’opportunità di imbrattare, con i propri scritti, i muri sulla strada di casa. La categoria dei grafomani incontinenti è vasta e comprende varie tipologie di soggetti, ma ciò che colpisce di più, al di là delle notizie false o strumentalizzate a fini politici, è la cattiveria che il popolo “viterbicolo” e capace di sprigionare ad ogni minima sollecitazione.
Ma quanto tempo ancora le cose funzioneranno così? Di sicuro, sono sempre di più le persone che stanno cominciando a prendere le distanze da questa situazione e anche le aziende che gestiscono le piattaforme social si stanno convincendo della necessità di mettere un freno a chi fa dell’odio la sua personale bandiera per rifarsi, probabilmente, delle frustrazioni che la vita gli ha riservato. Emblematica in questo quadro una notizia che arriva dagli Stati Uniti e che riguarda Twitter, da cui si è cancellata una nota giornalista, già vincitrice del Premio Pulitzer: Maggie Haberman del New York, nota per le inchieste sul Russiagate.
“Ormai – ha spiegato in un editoriale – il social è il videogioco dei rabbiosi. Continuerò ad usarlo per le breaking news, unico uso sensato che se ne può fare. Per il resto, mi tiro fuori. Twitter ha smesso di essere il luogo dove scoprire quel che non sappiamo, raccogliere informazioni libere da errori su storie in divenire o impegnarci in discussioni pensando che le critiche ricevute siano in buona fede. La piattaforma è cambiata. Cattiveria, rabbia tossica partigiana, disonestà intellettuale, sessismo sono a livelli mai visti prima. La libertà di espressione ormai è sinonimo di livore”.
All’editoriale ha risposto Jack Dorsey, 41 anni, Ceo di Twitter, che riconosce che le “critiche sono oneste”. Ammette che la piattaforma “non ha sfumature”. E che “tutti si sentono esperti allo stesso modo”. Ma ritiene ancora possibile una soluzione: “Dobbiamo studiare strumenti che aiutino a determinare le voci credibili in tempo reale. Sono complicate da realizzare ma credo che con un mix di algoritmi e network umano ce la possiamo fare”.