Rispondiamo a una lettera pubblicata ieri e firmata da Daniela Proietti.
Cara signora Proietti, grazie per aver ringraziato gli operatori della sanità, che, tra mille difficoltà, lavorano in silenzio a Belcolle per i cittadini. Sono molti gli operatori “normali”, soprattutto quelli senza santi in paradiso, che non fanno carriera; che non vedranno mai atti aziendali modificati più per il loro futuro che per quello dei malati; che sono sottoposti a turni stressanti e non ad hoc; e che non godranno mai di incarichi. Così come sono molti i precari con tanti doveri e pochi diritti; i lavoratori dei servizi esternalizzati che non saranno mai oggetto di determine con cui, ad personam, gli verrano aumentate le ore; quelli che, pur lavorando, se non politicamente corretti, continueranno a sentirsi il fiato sul collo, percependo a rischio il proprio posto.
Vede, cara signora Proietti, le continue ed incessanti critiche alla sanità viterbese non sono rivolte agli operatori che lavorano, ma alla gestione della Asl: come si possono non vedere il dramma delle liste di attesa indegne di un Paese civile o l’angoscia dei malati costretti a viaggi della speranza per ricoverarsi? E che dire di una vigilanza che non interviene mai in anticipo, lasciando sempre ad altri poteri il compito di fare ciò che serve per tutelare il pubblico interesse ed i malati? Una vigilanza che consente incursioni della politica ovunque, senza sentire il bisogno di riflettere che la legge è uguale in Basilicata come a Viterbo?
Quindi, prendiamo spunto dalle sue considerazioni per invitarla a riflettere che a rovinare la sanità viterbese sono il silenzio sulle scelte sbagliate; la supina accettazione di privilegi e di scelte spesso fatte più per appartenenze che per merito; una programmazione regionale che penalizza Viterbo; i lavori infiniti e non sufficienti; e un personale sottodimensionato rispetto alle esigenze del territorio, sempre posposte a quelle Roma. E’ tutto ciò che blocca la nostra sanità, danneggiando gravemente i tanti operatori che vanno anche oltre il loro dovere.
C’è sempre un bivio nella vita di ognuno di noi, un bivio che dovrebbe portarci a scegliere il bene comune e non la tutela di una parte sola: ecco, rompere il silenzio significa scegliere la prima strada, solo così i sacrifici di molti operatori e le aspettative di tutti i cittadini daranno una speranza al futuro della sanità pubblica viterbese.