Le sconfitte richiedono sempre due atteggiamenti fondamentali: la riflessione e il silenzio. Quest’ultimo è veramente d’oro in certi casi e invece ogni giorno l’ordalia della vanità, pari solo alla vacuità delle affermazioni fatte, a livello nazionale come locale, ci affligge con ragionamenti vuoti e sterili, che nutrono solo l’ego smisurato degli ex potenti, dei traditori e degli aspiranti leader in miniatura, nani del pensiero e della visione. A questi si associano i prezzolati della stampa, alfieri della libertà di espressione del solo padrone del vapore, che sostengono oggi il contrario di ieri: l’importante è continuare a demolire l’avversario del padrone che li alimenta e li sostiene.
Il silenzio è indispensabile per riportare calma e serenità, per placare la spinta al cupio dissolvi del Pd che non è alimentato dall’applicazione delle regole, ma dall’arrogante stupidità di molti. Il silenzio favorisce la riflessione, per ripartire occorre definire anche a livello locale chi siamo e cosa vogliamo fare. Per ritrovare le ragioni di una nuova unità da costruire, vanno rielaborati il passato e gli errori senza ipocrisie, vanno rilette le colpe che sono di tutti, ma bisogna avere il coraggio di riconoscere che non tutti anche di fronte a questo sono uguali.
Non è colpa di tutti il fallimento della prima giunta di centrosinistra nel capoluogo, frutto di rancori post primarie, di carriere professionali, di slealtà da parte di chi, avendo politicamente e non solo avuto molto, arrivato a Roma è stato vittima della bramosia della gestione del potere. Non tutti sono andati a cercare il notaio, quelli che l’hanno fatto sono stati bloccati per fortuna dal Pd nazionale. Non tutti sono responsabili della sudditanza di questa provincia, relegata all’ultimo posto del Lazio per colpa di chi ha barattato minutaglia gestionale con veri progetti di crescita e di visione, al punto che la nostra rappresentanza, per un superficiale e stupido emendamento, è stata sostanzialmente annullata quando è stato deciso, per favorire Roma e il Sud del Lazio, di consentire al massimo l’elezione di soli due consiglieri regionali. Miopia politica e vassallaggio verso Zingaretti.
Che dire poi della gestione degli enti regionali, sempre meno efficienti ed efficaci nel risolvere problemi vitali come la salute, ma molto bravi nella gestione quotidiana del particolare? Che dire, ancora, del concetto cardine di democrazia e rappresentanza che viene calpestato all’esito delle elezioni regionali, dopo le quali, nell’ottica di schiacciare i vinti, ha concentrato tutto in una parte sostanzialmente equivalente? Fulgido esempio, tutto ciò, di miopia politica e di correntismo esasperato prodotto dalla debolezza di Zingaretti, che si candida a segretario del Pd, dice lui, contro le correnti e per il rinnovamento. La solita vergognosa doppia morale.
E che dire dell’assessore Bonaccorsi, che si è dimessa da presidente regionale del Pd, e di Trani, che non va in segreteria perché il loro vessillifero Patane non fa il presidente di commissione? Come fanno a parlare loro contro gli strappi e le correnti? Come fa a parlarne Zingaretti, quel Zingaretti che ha impedito di costruire la larga alleanza, dopo la scelta del candidato sindaco del Pd con metodo democratico, perché non sufficientemente garantito, generando la frantumazione (Rossi, Smeriglio e serra-panunziani)? Davvero un lungimirante esempio di visione futura. Ad maiora.
E dire che Melilli, tirato oggi per la giacca, le ha provate tutte per impedire gli errori in Regione con soluzioni diverse, per trovare un’intesa per le comunali: ancora attende risposta. Ecco, oggi una riflessione su una nuova unità si può avviare ma occorrono tempo e chiarezza, vanno superate con ravvedimento operoso le ferite del passato, va ricostruito un clima di lealtà e di proponimento ad accettare un partito senza padrone delle ferriere e senza caporali incapaci, violenti nella gestione del potere, serve un partito aperto e plurale, dove i moderati non siano gli ospiti ma il futuro, un partito che possa essere guidato anche da altri che non siano comunisti, peraltro in estinzione.
Ecco, silenzio e riflessione per ricostruire, per ripartire, facendo tesoro degli errori del passato, ma anche umiltà da parte di chi ritiene che la politica è gestione del potere. Non è così, infatti. Non basta il clientelismo che premia con le preferenze ma non fa vincere, serve un Pd che riparta, che cancelli e ripari i danni del passato. Ma per avviare un tavolo servono l’umiltà di ammettere gli errori ed il coraggio e la forza di rimuoverli. Si può fare, non tutti ce la faranno ma tanti nuovi arrivati già stanno colmando i vuoti lasciati da altri. Per ripartire serve un’alleanza larga di persone perbene ed oneste, di idee e valori per ripartire, facendo tesoro, per non cadere in scelte inopportune, se non sbagliate, anche di ciò che a Roma Comune e Regione hanno vissuto e stanno vivendo.