Ormai i risultati dei ballottaggi non pongono più solo un problema di nomi, ma anche e soprattutto un problema sulla qualità della democrazia. Il caso Viterbo è emblematico. In queste ore infatti – quand’anche Arena abbia vinto sul filo di lana solo per 537 voti e la Frontini sia stata protagonista di una grande prova, inimmaginabile alla vigilia – gli animi del centrodestra appaiono molto eccitati per la riconquista del palazzo, ma nessuno esamina un dato terribile appunto per la qualità della democrazia e per l’autorevolezza del nuovo governo della città: l’affluenza al 46.39 per cento.
Per il Comune di Viterbo si tratta della più bassa di sempre e, a livello nazionale, è una delle più basse registrate domenica. Fanno peggio solo alcuni Comuni del Sud, per la precisione della Sicilia. Nella nostra città sono andati a votare 4.6 viterbesi su 10, il che vuol dire che i due candidati insieme rappresentano la minoranza netta dei cittadini e che i viterbesi, nel complesso, hanno giudicato loro, e la politica che rappresentano, inutili, se non dannosi, per il loro futuro. Drammatico pensare che il sindaco Arena rappresenti 2.3 viterbesi su 10, che sia espressione quindi di una incredibile minoranza.
Il tema della democrazia e della rappresentanza è cruciale per ridare credibilità alle istituzione e fiducia ai cittadini. Leggere perciò certe dichiarazioni trionfalistiche, come quelle di chi si ritiene determinante nel risultato raggiunto, è fuori luogo. E’ fuori luogo ritenersi vincitori pur sapendo che 8 viterbesi su 10 non ti riconoscono e ti sentono estraneo. Se non si ragione su tutto ciò il palazzo è destinato a chiudersi in se stesso, a divenire autoreferenziale, blindato nella logica dei 20 consiglieri di maggioranza che decidono da soli senza rendersi conto di essere una piccola minoranza.
L’autorevolezza della politica è data dalla partecipazione, dalla condivisione, dalla capacità di interpretare il pensiero della maggioranza dei cittadini. Arena per questo motivo dovrà farsi carico del tema della rappresentanza e della credibilità. Ignorare questo vulnus – peccato originale della nuova amministrazione – o far finta che non esista sarebbe un grave errore e un danno per tutti. Sarebbe la fine della politica. Non ci si può eccitare per aver ottenuto la maggioranza della minoranza, bisogna comprendere che si tratta di un risultato effimero, dell’ennesima vittoria di Pirro.
Lo spirito della Costituzione, quando è stata scritta, prevedeva che avrebbe dovuto governare chi avesse ottenuto la maggioranza dei voti, ma oggi gli sconvolgimenti politici vissuti dal Paese hanno aperto le porte ai governi delle minoranze e, contro questo stato di cose, ognuno, indipendentemente dalla propria collocazione politica, si dovrebbe impegnare.
La vera sfida della nostra democrazia è la rappresentanza.