Le elezioni amministrative ci consentono di conoscere a fondo i candidati uomini e donne. Ce ne sono di opportunisti, doppiogiochisti, pavidi e furbetti. Taluni non hanno né una identità né ravvisano una appartenenza, ma declinano la loro candidatura come una smodata lealtà al proprio tornaconto, e contemporaneamente come una vera opportunità di poligamia politica, a prescindere dalla lista in cui sono candidati, in forza del voto disgiunto. Cosi avanza la tipologia del candidato con i piedi in due staffe, ma per quelli esperti di lungo corso anche tentacolare su più fronti.
Così abbiamo la tipologia del “furbo traditore”, che con il voto disgiunto sul sindaco rinverdisce l’antico sodalizio con il compagno di merende e lucra l’elezione con i voti e le fatiche del suo legittimo candidato sindaco tradito.
Poi c’è il “pavido opportunista” che si candida ma non vuole scontentare anche l’altro candidato sindaco, per cui divide senza sforzarsi troppo un po’ e un po’. Inguaribile nostalgico della morta politica dei due forni.
Poi c’è “lo sciocco vigliacco”: si candida, con slancio viene avvicinato da un altro sindaco, si mette paura, smette la campagna elettorale e per sottomissione neppure si vota. E in tal modo, scioccamente, si rovina, non sarà affidabile per nessuna parte.
Ma i peggiori di tutti sono i veterani della politica, quelli che sanno bene che la politica dei due forni è morta e sepolta e che il loro orizzonte politico sarà solo la solitudine, senza alcuna prospettiva, con la fatica enorme da sostenere quando la mattina svegli dovranno specchiarsi. E senza più l’arroganza e la protervia della presunta bravura proveranno un’infinita vergogna.