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Home » Politica » Michelini come Ponzio Pilato

Michelini come Ponzio Pilato

13 Giugno 2018

In un’intervista rilasciata ieri mattina ad un sito di informazione on line, il sindaco uscente Leonardo Michelini ne ha dette davvero tante. Come Ponzio Pilato, ha addossato tutte le responsabilità della sconfitta elettorale delle liste di centrosinistra al Partito democratico, che, prigioniero di profonde spaccature che nessuno ha voluto sanare, non sarebbe stato capace di individuare un candidato a sindaco espressione della maggioranza uscente. Ha addossato il fallimento della sua amministrazione alla situazione politica estremamente frastagliata all’interno del Consiglio comunale, che gli avrebbe impedito di governare serenamente. Ha impartito lezioni di buona prassi democratica, tirando in ballo le primarie del 2013, e di buone pratiche amministrative. Infine, ha profetizzato per se stesso un radioso futuro nei libri di storia: “Il lavoro che ho fatto i viterbesi lo capiranno tra qualche anno”.

A Michelini, lo sanno tutti, piace giocare facile. Non è un caso se nella stessa intervista, a precisa domanda su chi voterà al ballottaggio, ha risposto che lo dirà il 25, cioè a risultato conclamato, cosicché all’occorrenza farà sempre in tempo a dire di aver messo la croce sul nome di chi ha vinto. Allo stesso modo ha detto di aver manifestato un anno fa la volontà di non ricandidarsi più, facendo finta di dimenticarsi che per mesi ha tenuto tutti in ostaggio vaticinando che avrebbe preso una decisione solo dopo il voto del 4 marzo, cosicché se il Pd avesse vinto si sarebbe ricandidato, se avesse perso, come è successo, avrebbe gettato la spugna.

Gli piace vincere facile. Come quando in questi anni ogni volta che c’è stato da prendere una decisione, per non mettersi contro nessuno, ha sempre mandato avanti gli altri: assessori, consiglieri, vicesindaco, dirigenti, impiegati, finanche uscieri di Palazzo dei Priori. Bastava non metterci, lui, la faccia.

Gli piace vincere facile come 5 anni fa, quando, fiutata l’aria di cambiamento che soffiava dopo quattro lustri di centrodestra e uno di amministrazione Marini, ahimè impantanata nelle liti tra alleati, tali e quali a quelle che oggi hanno devastato il centrosinistra, scese in campo ben sapendo che avrebbe fatto il salvatore della patria. O come quando, di fronte alle spinte centrifughe della coalizione che l’aveva eletto, invece di prendere posizione e di decidere per il bene della città indipendentemente dal volere degli azionisti di maggioranza, scompariva nella speranza che sarebbe stato il tempo a mettere, dall’alto del suo scorrere inesorabile, tutti a tacere.

Michelini non sa, o forse fa finta di non sapere, che la gente è distante dalla politica, non si lascia condizionare dalle polemiche che escono sui giornali, e che, a prescindere dalle divisioni del Partito democratico, il risultato per chiunque si fosse candidato dopo di lui sarebbe stato pessimo. Non sa, o forse non dice, che i cittadini valutano e votano su quello che di buono o di cattivo combinano gli amministratori in carica e che lui, in quanto capo del primo condominio di Viterbo per 5 anni, ha la responsabilità del degrado che la gente, a torto o a ragione, percepisce girando per la città.

Si è contornato di alcuni assessori di cui si stenta a comprendere il ruolo, gente che non si capisce quali attività abbia svolto in questo lungo periodo. Di altri invece si è servito, gli ha fatto fare il lavoro sporco, e adesso, giustamente, li mette alla gogna. D’altra parte, per assurgere agli onori dei libri di storia, come merita un sindaco del fare qual è lui, serve un capo espiatorio. D’altra parte, nessuno all’esterno saprà mai delle quotidiane inefficienze che si sono palesate in quel di piazza del Comune e in via Garbini dal 2013 al 2018 a causa di assessori che non si sapeva come passavano il tempo mentre erano in ufficio o a causa di altri che preferivano far parte della corte che si mostrava al popolo all’apparire del “re” tra un taglio del nastro e un’inaugurazione, senza, al contrario, degnarsi di mettere mano alle pratiche che avrebbero dovuto esaminare.

Non dice Michelini che l’assessora Raffaella Saraconi ha avuto un anno di tempo per la progettazione dei lavori previsti con i finanziamenti del bando per le periferie e che alla fine ha dovuto chiedere una proroga perché non è riuscita a completare le pratiche entro i termini previsti dalla legge. Non dice che Antonio Delli Iaconi diceva di sì a tutti, salvo non fare nulla per nessuno. Come non dice che all’assessore Tofani, di fronte alle polemiche sulla raccolta dei rifiuti, sarebbe stato richiesto uno sforzo maggiore per venire incontro alle richieste dei cittadini.

No, per Michelini tutta la colpa della disfatta è della politica: “Io l’avevo detto”. Ma quando? L’amministrazione, secondo lui, non c’entra nulla. Meno male.

No, per Michelini le colpe sono solo degli altri, lui è buono, bravo, efficiente e tocca pure ringraziarlo di averci donato questi 5 anni di tempo che avrebbe potuto dedicare ad altro. Viva Viterbo, viva Michelini.

 

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