di Angelo Allegrini
Come abbiamo visto sul precedente articolo pubblicato sul Viterbese, dalle dichiarazioni del sindaco Rosato Rosati in occasione della morte di Moro, è emerso che lo statista ucciso dalle Brigate Rosse sia passato da Viterbo non meno di tre volte.
La prima in occasione di un convegno dei Giovani D.C. tenutosi nel 1960 presso il Teatro dell’Unione, un’altra nella circostanza dell’inaugurazione della sede Provincia a Palazzo Gentili e la terza – forse la più folkloristica – quando accompagnò, nelle vesti di Ministro degli Esteri, l’imperatore di Etiopia, Hailé Selassié, in una visita a Viterbo e a Villa Lante di Bagnaia:
Era l’otto di novembre del 1970 e l’arrivo del Negus sconvolse non di poco la tranquillità e l’indolenza dei viterbesi per le misure di sicurezza che la necessità di garantire l’incolumità dell’illustre ospite richiedevano.
D’altronde, non si trattava di vigilare soltanto su di un regnante come pure accadeva spesso durante le visite archeologiche di re Gustavo di Svezia o di quando nel 1962 passò da Tarquinia la principessa Margaret, sorella della regina Elisabetta di Inghilterra; oltre che sulla vita di Hailé Selassié e su quella di un membro del Governo italiano, stavolta occorreva assicurare anche il Ministro delle Finanze etiope, Tadesse, la principessa Egigaye-fu Wassen, il Commodoro Iskinder Desta, il Ministro degli Esteri Yfru, il tenente generale Abebe e diversi altri capi di stato maggiore dello stato africano, oltre al nostro ambasciatore Orlandi Contucci e diversi altri dignitari etiopici ed italiani.
Pochi giorni prima alcuni studenti etiopici e la segreteria dell’Associazione Italia-Eritrea avevano diffuso due comunicati, amplificati dall’Unità, con cui denunciavano il soffocamento di ogni voce di dissenso da parte del Negus e la violazione sanguinosa del principio di autodeterminazione dei popoli, avendo distrutta ogni parvenza di indipendenza politica ed economica dell’Eritrea, riconosciuta dall’ONU nel 1952 nel contesto di un quadro federativo con l’Etiopia; Il Questore di Viterbo, dott. Andreassi, aveva ben presente la situazione tendenzialmente pericolosa e dette precise disposizioni per evitare qualsiasi occasione che potesse turbare la serenità della visita dell’imperatore.
Attenti servizi furono disposti per segnalare e, se del caso, rimuovere manifesti e qualsiasi altro oggetto che potesse essere diretto allo scopo.
A partire dal limite di provincia – sulla Casentina e sulla Cassia fino al campo sportivo di Viterbo – vennero presidiati dai Carabinieri gli sbocchi e gli altri obiettivi possibili come distributori e piazzole di sosta per evitare ostacoli o manifestazioni non consentibili, mentre a Viterbo analogo compito fu affidato alle guardie di P.S.
Durante il servizio di sicurezza e specie lungo le strade e nelle immediate vicinanze del percorso imperiale particolare attenzione venne posta a coloro che dovessero recare borse o altri oggetti voluminosi ed alle auto in sosta; all’interno delle mura civiche, in Via fratelli Rosselli, vennero concentrati dieci carabinieri e dieci guardie di P.S. per il servizio di piantonamento fino a Piazza del Comune esclusa, dove altri dieci poliziotti e dieci uomini dell’Arma avrebbero dovuto tenere sgombra la piazza affinché il corteo potesse liberamente affluire e defluire.
La vigilanza venne concentrata anche ai balconi, finestre e terrazze con l’ordine per i militari impegnati di intensificare la cautela al passaggio del corteo, senza salutare e, soprattutto, perdere di vista il campo affidato alla loro attenzione.
Infine venne disposto un servizio d’onore con due Carabinieri e due Guardie di P.S. al Palazzo della Prefettura e altri due Carabinieri a Villa Lante, tutti in grande uniforme.
Tutte le precauzioni, fortunatamente, furono superflue, perché una volta giunti a Piazza del Comune – come riportò il Messaggero del 10 novembre 1970 – Hailè Selassiè 1°, Imperatore di Etiopia, è rimasto commosso per l’entusiasmo degli Orvietani e dei Viterbesi… il programma non prevedeva né l’auto scoperta, né contatti con la folla, ma gli applausi della popolazione hanno indotto l’illustre ospite a far fermare la sua vettura ed a far togliere il tetto (c’è stata qualche difficoltà meccanica, ma il Negus ha insistito…) per rispondere con strette di mano e con frasi di ringraziamento a coloro che, reduci dalle campagne del 1935-41, salutavano il Sovrano amico nella sua lingua (“amarico”…)
Secondo il reporter, la cortesia ieratica di Hailè Selassiè appariva in armonia con la cortesia sempre lievemente amletica dell’on.le Moro, dando l’impressione di rispondere a tutti, sia pure con un cenno del capo o con l’abbozzo di un sorriso.
Dopo aver partecipato al ricevimento offerto nel Palazzo del Governo dalla signora Carmen e dal Prefetto Raimondo Nicastro, il corteo imperiale composto di 18 autovetture si è diretto poi a Villa Lante dove è stato accolto dal Sovraintendente Onorario e Ispettore ai monumenti, dott. Angelo Cantoni, unitamente ad altre autorità civili e militari.
Dopo aver ricevuto in dono nella “sala della libreria” dal dottor Cantoni una stampa del XVIII secolo di Giovanni Paolo Pannini, l’imperatore, assieme alle altre autorità si sono poi accomodate per colazione nella Palazzina Montalto della villa dove sono stati serviti brodo, pappardelle alla lepre, petto di pollo alla “Villa Lante”, spuma moka semifredda, cestini di frutta, vini di Orvieto e di Castel del Monte e “Angelu Ruiu“.
Un marconigramma del Prefetto delle 15.45 segnalò infine la partenza del Negus da Viterbo in direzione di Roma dove due giorni dopo, accomiatatosi dal Presidente della Repubblica e dal Papa Paolo VI, un convoglio speciale portò Hailè Selassiè dalla Stazione Termini a Santa Margherita Ligure, Torino, Milano e Venezia; dopo Orvieto e Villa Lante, il programma prevedeva ancora diverse visite alle fabbriche della Italsider e della Italcantieri, alla Fiat e alla Olivetti, alla Pinacoteca di Brera, al Cenacolo di Leonardo da Vinci e al Palazzo Ducale e alla Basilica di San Marco, prima di ripartire dall’aeroporto Marco Polo di Venezia, il 14 novembre, alla volta di Addis Abeba.