di Cristian Coriolano
Il governo si accinge a muovere i primi passi e la pubblica opinione, un po’ incuriosita e un po’ frastornata, osserva con attenzione anche il minimo dettaglio dell’avventura giallo-verde.
A parte i tifosi di Salvini e Di Maio, il grosso dell’elettorato è diviso, equanimemente, tra chi esprime una ragionata fiducia e chi nutre forti perplessità. Che la nuova compagine abbia bisogno di tempo, lo si riconosce; che il tempo però si possa presentare come una variabile indipendente, è perlomeno azzardato. Urge dare corpo a scelte concrete..
Il sospetto è che i proclami facciano parte di un “modello di governo”, come se costituissero la facile copertura alle difficoltà che gravano sul dicastero appena insediato. Per adesso il Premier si limita a gestire le sue asciutte esternazioni, senza accrescere le potenziali tensioni di un’alleanza di per sé fragile e improvvisata.
Si tratta, allora, di individuare il punto di snodo dell’azione di governo. L’impressione è che l’asse Conte-Moavero-Tria, con la prudente regia del Quirinale, abbia una funzione autonoma rispetto alla leadership duale di Lega e Cinque Stelle. Se così fosse, l’Italia sperimenterebbe l’esistenza di due governi in uno, con approcci differenziati e contrastanti ai dossier più delicati.
È affrettato ricavare da pochi e labili segnali quel che avverrà nel prossimo futuro. Sta di fatto che l’unità di facciata non assicura la coesione sostanziale del governo. Ci si muove su un terreno inesplorato, con l’imprevedibilità eretta a sistema. Nulla può esser dato per scontato.