Le parole del neo-ministro Fontana su famiglia e aborto hanno suscitato reazioni molto aspre da parte della comunità LGBT, attizzando fatalmente la polemica a sinistra. Lo stesso Salvini, rimarcando le precauzioni adottate dal suo compagno di partito e di governo, ha dovuto precisare che la questione sollevata (ad arte?) non rientra nei patti sottoscritti da Lega e M5S. È fuori contratto, per dirla con candore e impudenza.
Ora, se le parole di Fontana hanno un che di sbrigativo, quasi a conferma di un substrato di impoliticità nel leghismo di lotta e di governo, non per questo possono essere interpretate alla stregua di un salto nella irrazionalità, contro le leggi e il buon senso. Censurare Fontana, indubbiamente poco accorto nella prima esternazione da ministro, appare infatti discutibile se muove da un puro pregiudizio della cultura libertaria, con il suo sottofondo di anarchismo etico,feroce paladina di una sintesi ideologica che assume la libertà umana come emancipazione assoluta dai limiti di natura e secondo un’astratta, asessuata, indifferenziata visione antropologica.
Su questo punto la dialettica tra sinistra e destra – ovvero tra progresso e reazione – si dimostra completamente inadeguata. Non a caso il cardinal Bassetti, molto impegnato negli ultimi tempi a difendere l’apertura sociale del cattolicesimo italiano, per altro con un richiamo niente affatto casuale all’appello di Sturzo ai Liberi e forti, incessantemente si prodiga per un sussulto di consapevolezza attorno alla necessità di una nuova antropologia: non più separazione ma intrinseca coincidenza, grazie ad essa, tra “uomo del sociale” e “uomo della moralità”.
Ora, senza che la comunità LGBT debba cedere a un istinto di chiusura e poi, a rovescio, di prevaricazione, il dibattito sulla concezione della famiglia, sulla difesa e promozione della vita – dalla nascita alla morte – sulla presenza di padre e madre nella dimensione esistenziale ed educativa di un bambino: ecco, appunto, il dibattito sulla questione della vita e dell’uomo non può essere archiviato assodando la pretesa di un fermo immagine della storia, per il quale e oltre il quale non sussiste il diritto alla riflessione e al confronto nella diversità o finanche nella opposizione dei rispettivi punti di vista.
Essere oggi all’opposizione, contro questo pericoloso connubio di potere tra populisti e sovranisti, non autorizza a decretare l’inammissibilità del riconoscimento di “verità interne” alle posizioni di un governo indigeribile secondo i parametri della cultura democratico costituzionale. E di questa cultura, obbligata a fare i conti con la preoccupazione di una Chiesa maestra di umanità, dunque interessata mediante i suoi Pastori a garantire il rispetto della dignità della persona, è componente vitale e decisiva il popolarismo di matrice cristiana. Dubque all’opposizione sì, ma non con lo spirito di assuefazione e indifferenza rispetto alle più importanti questioni di valore, sempre in qualche modo divisive, come se in nome di una istanza di solidarietà e giustizia venisse a imporsi, nell’orizzonte della cultura progressista, l’esonero da interrogativi sul presente e sul futuro dell’uomo.
L. D.