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Home » Economia » I pir e il risparmio degli italiani

I pir e il risparmio degli italiani

28 Maggio 2018

di Lucio Lamberti*

Con la legge 232 del 2016 poco più di un anno fa, tra molti scetticismi degli operatori del settore e molta disinformazione tra i risparmiatore, sono entrate in vigore le misure di agevolazione per il risparmio dei piccoli risparmiatori che vanno sotto il nome di  PIR  (piani di investimento individuale). Sono probabilmente la novità più significativa nel mondo del risparmio gestito italiano negli ultimi anni con il grande pregio di aver finalmente creato un’offerta di capitali di lungo periodo destinata anche all’investimento nelle piccole e medie aziende italiane. A un anno dall’introduzione è indubbio il loro impatto sul listino azionario italiano, sui volumi scambiati, sulla liquidità dell’intero mercato, sullo stimolo al mercato primario tramite nuove IPO e sull’eventuale ricorso a forme alternative di raccolta di capitale per le imprese.

Di che si tratta?

Strumenti simili per i piccoli risparmiatori sono  già presenti con successo all’estero in nazioni come Gran Bretagna, Francia, Usa e Giappone. Si tratta di veri e propri “contenitori” di strumenti finanziari, come azioni, obbligazioni, fondi, polizze, conto corrente, il cui rendimento viene esentato dalla normale tassazione purché l’investimento avvenga per un periodo medio/lungo. Ogni singolo PIR dev’essere mantenuto almeno 5 anni.  In cambio l’investitore otterrà un abbattimento di tutto il carico fiscale:

  • l’esenzione dalla tassazione su utili, interessi, cedole e dividendi generati dall’investimento e dall’imposta di successione. Le plusvalenze su altri strumenti simili sono tassate al 26%, o al 12,5% nel caso dei titoli di stato. Per ogni 100 € di rendimento si possono risparmiare fino a 26 € di tasse;
  • una volta ottenuta la detassazione degli utili dopo i primi 5 anni di detenzione dell’investimento necessari, questa verrà mantenuta per sempre. È possibile continuare a investire nel PIR fino al raggiungimento delle soglie stabilite per legge (non più di 30.000 € all’anno e fino a un investimento totale di 150.000€) e mantenere l’investimento ad oltranza.
  • è possibile disinvestire i propri risparmi in qualunque momento, ma si perderanno i benefici dell’esenzione fiscale se non sono ancora trascorsi i 5 anni minimi richiesti.

In cosa e come si deve investire nei contenitori PIR?

I PIR  sono individuali, non cointestabili e si rivolgono esclusivamente alle persone fisiche. E’ possibile sottoscrivere un PIR una sola volta nella vita anche se non ci sono limiti di tempo sulla sua detenzione. In  ciascun anno solare di durata del piano, per almeno i due terzi dell’anno stesso, le somme o i valori destinati nel PIR dovranno essere investiti, per almeno il 70%, in strumenti finanziari emessi o stipulati con imprese italiane od estere (UE o SEE) con stabile organizzazione in Italia che svolgono attività diverse da quella immobiliare; di questo 70%, il 30% (che equivale al 21% del valore complessivo degli investimenti del piano) deve essere investito in strumenti finanziari di imprese italiane od estere (UE o SEE) con stabile organizzazione in Italia diverse da quelle inserite nell’indice FTSE MIB della Borsa italiana o in indici equivalenti di altri mercati regolamentati.

Gli investimenti possono essere effettuati anche indirettamente con quote di OICR (fondi di investimento mobiliare), dedicati ovvero che di impegnano nel prospetto ad investire  il proprio attivo nel rispetto dei vincoli e dei limiti disposti dalla normativa (OICR PIR compliant).

l’intermediario o l’impresa di assicurazione presso cui è stato aperto il PIR deve tenere separata evidenza delle somme destinate nel piano in anni differenti nonché degli investimenti qualificati effettuati. La separazione contabile è necessaria, da un lato, per tenere memoria delle movimentazioni degli strumenti finanziari contenuti nel piano (acquisti o sottoscrizioni, conferimenti, cessioni, rimborsi a scadenza), dei redditi derivanti dagli stessi e delle eventuali minusvalenze conseguite, dall’altro, per verificare l’osservanza dell’obbligo di detenzione degli strumenti finanziari per almeno cinque anni.

STRUMENTI QUOTATI OGGETTO DEI PIR:

A Piazza Affari ci sono dei mercati in cui possono essere scelti i titoli che soddisfano i requisiti degli strumenti inseribili in un PIR. Oltre che le azioni del segmento Standard non inserite nel FTSEMib ci sono MidCap, Star e AIM.

Il MidCap è il paniere che raccoglie i titoli a media capitalizzazione. Il MidCap è composto dalle 60 società più grandi di Piazza Affari per capitalizzazione che non appartengono all’indice FTSEMib

Lo STAR (acronimo di Segmento Titoli con Alti Requisiti) raggruppa le società con capitalizzazione compresa tra 40 milioni e il miliardo di euro. Queste aziende si impegnano a rispettare alcuni in termini di: trasparenza e vocazione comunicativa, alta liquidità (con un flottante di almeno il 35%) e Corporate Governance allineata agli standard internazionali. ..

L’AIM, acronimo di Alternative Investment Market, è un mercato regolamentato gestito da Borsa Italiana e dedicato alle Pmi italiane ad alto potenziale di crescita. …

 

PIR E SUCCESSIONI & DONAZIONI

I PIR sono soggetti all’imposta su successioni e donazioni? No, anche in caso di successione o donazione è confermata la neutralità fiscale del piani individuali di risparmio.

 

Quali sono i rischi principali?

Essendo degli strumenti di investimento, i PIR non sono esenti da rischi, ma dipendono dalla scelta di investimento nel piano individuale.  È evidente che investire direttamente sull’economia reale del Paese, espone i PIR al così detto “rischio Italia”. In realtà, questo fattore di rischio è condiviso anche con le altre forme di risparmio più comuni scelte dalle famiglie italiane, come buoni del tesoro, azioni e obbligazioni di emittenti italiani, depositi e strumenti collegati.

L’investitore deve tenere conto anche di un altro aspetto non secondario: per gestire l’investimento in PIR sono necessarie delle figure professionali che decidano quali titoli comprare e vendere. Questo può comportare dei costi non indifferenti.

Nello scegliere il proprio investimento in PIR, il risparmiatore deve quindi valutare attentamente le commissioni di ingresso e quelli di gestione. Molto spesso sono le commissioni d’ingresso quelle più gravose per il cliente: facendo una media di diversi prodotti finanziari proposti da enti diversi, si arriva al 2,5%, con  estremi del 3%; i costi di gestione si assestano mediamente attorno all’1,5% considerando anche le spese ricorrenti.

Per i PIR valgono quindi le solite regole di buon senso da applicare a qualunque altro investimento: valutare bene i proprio obiettivi, affidarsi a professionisti seri nella gestione del portafoglio e controllare i costi

 

Qualche dato sui PIR e sugli effetti di sistema

I Piani Individuali di Risparmio si sono imposti rapidamente: nel 2017 hanno raccolto circa 11 miliardi di euro, pari all’11% della raccolta netta dell’intera industria italiana del risparmio gestito nel corso dei dodici mesi. I risparmiatori italiani che investono nei PIR sono già 800 mila e sono più di 500 mila i sottoscrittori che si affidano per la prima volta ai fondi comuni.

Dove e’ finito il denaro?

Ha finanziato davvero le imprese italiane. L’investimento medio dei PIR in azioni e obbligazioni di emittenti non appartenenti all’indice Ftse Mib si attesta al 43% del portafoglio – pari a 6,8 miliardi di euro – più del doppio del minimo imposto dalla normativa per godere dei benefici fiscali

Grazie a questo le quotazioni sono state mediamente sostenute per i titoli a minore capitalizzazione. Nel 2017 si è osserva un andamento mediamente positivo, compreso fra il 12% e il 18% per i titoli non compresi nel FTSE MIB. Le small cap italiane hanno performato quanto le loro ‘gemelle’ in Francia e in Germania; sono andate comparativamente meglio le mid cap e soprattutto il segmento STAR e l’AIM.

Inoltre, si osserva un effetto PIR sui volumi e sui scambi soprattutto dell’AIM Italia, dove la media mensile degli scambi è passata da  €27milioni nel 2016 a  €165 milioni nel 2017,con un incremento di sei volte. Anche lo Star passa da €977 milioni a €1.775 milioni, raddoppiando gli scambi, mentre si stima un calo medio dell’8% per i volumi di scambio dei titoli FTSE MIB.

Il peso delle partecipazioni dei PIR sul flottante Mid Cap è dell’8%, per il segmento Small Cap del 6% e per l’AIM Italia del 10%: percentuali interessanti se si considera la giovane età di questi prodotti.

Attenti a non creare bolle

Le performance dei PIR sono state sin qui ottime, quantomeno al lordo delle commissioni di gestione. In effetti, il 2017 è stato un ottimo anno in Borsa, e quella italiana si è distinta in positivo (anche se le performance a lungo termine restano sconfortanti). Se qualche rischio va individuato, uno e’ di certo il rischio di creare un effetto ‘bolla’ su mercati generalmente meno liquidi. L’antidoto migliore è aumentare la offerta di prodotti sui mercati delle imprese minori, favorendo la entrata di nuovi attori. Questo in parte sta avvenendo. Per quanto sia presto per riscontrare un rapporto di causa-effetto tra introduzione dei PIR e offerta di nuove IPO ci sono segnali per essere fiduciosi nel medio termine; nel 2017 le matricole sul listino principale sono state solo 8; 23 su AIM di cui 16 solo nell’ultimo semestre.

Lucio Lamberti

*docente scienza delle finanze, Università San Raffaele Roma

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