Era ricoverato all’Spdc, il reparto di psichiatria dell’ospedale Belcolle, Stefano Pavani, il 31enne accusato di aver ucciso Daniele Barchi, l’uomo trovato cadavere martedì sera nel suo appartamento in via Fontanella del Suffragio. Pavani era in attesa di essere trasferito in una Rems (le strutture riabilitative e contenitive per malati psichiatrici) dove avrebbe dovuto finire di scontare una pena per una precedente condanna per aggressione e lesioni.
Pavani, stando ai pochi particolari trapelati, sarebbe fuggito dal reparto la settimana scorsa. Il primario dell’Spdc, Alberto Trifolini, non ha voluto rilasciare dichiarazioni a chi lo ha interpellato. Se Pavani sia veramente l’autore della selvaggia aggressione che ha portato alla morte del 42enne Barchi saranno gli inquirenti ad accertarlo. Bisognerà però accertare anche se c’è stato un problema di controlli a Belcolle. La fuga del 31enne riporta infatti alla ribalta i problemi di sicurezza all’interno dell’Spdc, uno dei reparti più delicati e a rischio dell’ospedale viterbese, proprio per la particolare tipologia dei pazienti ospitati (principalmente soggetti per i quali sono stati disposti trattamenti sanitari obbligatori).
In forze all’Spdc pare ci siano attualmente soltanto 13 operatori sanitari, prevalentemente donne. Personale che non appare sufficiente a garantire i requisiti minimi di sicurezza del reparto. Già in passato i sindacati avevano sollevato il problema della carenza di personale. Un problema che emergerebbe in tutta la sua gravità nel caso dovesse trovare conferma la circostanza della fuga del presunto omicida e che dovrebbe quindi indurre la Asl a correre immediatamente ai ripari. Di episodi di violenza e raptus di follia sono piene le cronache dei giornali di tutta Italia. Ma non è accettabile che a compierli possano essere persone con precedenti specifici sottoposti a misure che a conti fatti si dimostrano poi ben poco contenitive.
Una cosa è certa: se i fatti verranno confermati esattamente così, alla Asl, invece di pensare alle elezioni comunali di Viterbo, come dimostra la presenza di tanti medici nella lista “benedetta” dalla Regione Lazio, sarebbe il caso che ci si occupasse dei veri problemi della sanità viterbese.