Il comico e attore milanese Giacomo Poretti, noto come componente del trio Aldo, Giovanni e Giacomo, è uno degli ospiti di punta del Festival internazionale di arte e fede in svolgimento a Orvieto.
Sabato 26 maggio alle 21, in duomo (ingresso libero), proporrà il suo spettacolo Fare un’anima, monologo da lui scritto e interpretato che raccoglie divagazioni e provocazioni su un organo che i moderni manuali di anatomia non contemplano, ma di cui da millenni gli esseri umani di ogni latitudine hanno parlato: quando si sviluppa l’anima in un essere vivente? Esiste realmente o è solo una chimera, un desiderio? Oppure è così infinitesimale che non la si vede nemmeno con il più grande scompositore di particelle? E alla fine, anche se la scovassimo, l’anima a che serve? Cosa ce ne facciamo? O meglio, cosa vorrebbe farne lei di noi?
“Il progetto di questo monologo – spiega Poretti – mi frullava in testa da quando è nato mio figlio Emanuele. In quell’occasione venne a trovarci in ospedale un anziano sacerdote che mia moglie e io conoscevamo bene. Si complimentò con noi e ci disse: bene, avete fatto un corpo, ora dovete fare l’anima. Questa frase mi è rimasta dentro per molto tempo, si è sedimentata finché non mi sono deciso ad affrontare la questione, un compito certo non facile”.
“Per affrontarlo – continua – ho usato il linguaggio dell’umorismo e dell’ironia e mi sono posto un sacco di domande. Come nasce l’anima? Spunta con i dentini da latte? O dopo? Quanto incide una corretta alimentazione a farla crescere? E, nel caso, sarebbe meglio una dieta iperproteica o senza glutine, oppure povera di sodio? Ma l’anima esiste davvero o è una nostra invenzione? E ancora: è una parola da mandare in pensione oppure i tempi complicati che stiamo attraversando la rendono più che mai ineludibile”.
“Fermo restando che ognuno può declinarla dandole il significato che meglio crede – conclude Poretti – che sia impegno, senso morale, militanza civile o altro, anima è una parola che rischia l’estinzione, a fianco dei vocaboli moderni, più chiassosi e sguaiati. Resta una parola strana, misteriosa, sconosciuta, ma dal suono gentile e impalpabile, leggera come un soffio, costretta alla solitudine, un po’ come i bambini che non sanno giocare a calcio e per questo sono destinati a rimanere seduti sul bordo del campo a vedere gli altri rincorrersi e divertirsi. A pensarci bene, a cosa serve un’anima? Nessuno ti chiede di esibirla: quando ti fermano i carabinieri, si accontentano di patente e libretto, se fai acquisti su internet bastano carta di credito e mail. Anima è una parolina esangue, malvestita e malnutrita, eppure è gelosa e innamorata: innamorata di noi e della vita, e come ogni amante ci vuole solo per sé”.