Francesco Serra è un medico, si candida a sindaco e, come accade a tutti i “dottori” che calcano il palcoscenico della politica, la professione giocherà un ruolo importante nella sua campagna elettorale, se è vero che la gente è tendenzialmente portata a ricompensare con il voto chi le è stato o lo potrebbe essere d’aiuto in caso di necessità.
Nulla di illegale ovviamente, esiste tuttavia un evidente conflitto di interessi o quantomeno, se vogliamo usare parole diverse, un problema di opportunità etica, tanto più se, come in questo caso, il “dottore” milita nella fazione politica del suo datore di lavoro, ossia se è in accordo con il rappresentante della Regione Lazio sul territorio.
Il ragionamento in linea di principio non vale solo per Serra, e infatti a livello generale coinvolge l’intero architrave delle norme che garantiscono la libertà di espressione di ogni cittadino. Nel caso di Serra ci sono però delle particolarità che rendono la sua discesa in campo come aspirante sindaco “leggermente” diversa da quella di altri operatori della sanità.
Innanzitutto, lui ha ricevuto un piccolo primariato proprio dall’amministrazione che adesso, tramite il proprio rappresentante locale, avalla la sua candidatura. Ciò generalmente non capita a tutti i medici che si candidano. Capita solo ad alcuni, guarda caso quasi sempre quelli che ci mettono la faccia non tanto per mettercela, ma in maniera invece assolutamente plateale: nella fattispecie, cosa ci poteva essere di più dirompente (e dunque di politicamente pesante) se non il mettersi a capo di un gruppo in aperto contrasto con le decisioni della maggioranza del partito di appartenenza, andando con ciò ad incarnare le istanze di quell’altra parte che è minoranza a livello locale, ma è maggioranza dove vengono prese le decisioni che riguardano la sanità?
C’è poi un altro particolare, non meno importante, che rende la candidatura di Serra alquanto anomala: la presenza nelle sue due liste di ben 19 candidati a consigliere scelti tra dipendenti o parenti stretti di dipendenti della Asl. Tutto legale anche stavolta, nessuno dice il contrario, ma di nuovo – e anzi: di più – si pone un problema di opportunità etica. Tra l’altro, neanche a dire che si tratta di figure di secondo piano, infatti ci troviamo addirittura in qualche caso di fronte a dirigenti molto importanti. E’ il caso di Daniela Migliorati del Sisp, il servizio che si occupa di igiene e sanità pubblica. Un servizio strategico a causa delle funzioni attribuitegli in materia di autorizzazioni per pubblici esercizi e controlli negli stessi. Un servizio che è a stretto contatto con un pubblico vastissimo, il quale, come accade per il medico che ti cura, potrebbe essere particolarmente sensibile quando si troverà all’interno della cabina elettorale.
Lo ribadiamo: nessun problema a livello legale. Ci sono però problemi, se non di conflitto di interesse vero e proprio, di opportunità etica che non possono non essere evidenziati e che gli elettori farebbero bene a valutare.