di Cristian Coriolano
È stato un compromesso, ma non inutile. Quello che conta, alla fine della Direzione, è l’icona di un Pd a valenza unitaria, proiettato nonostante tutto a svolgere una funzione decisiva negli equilibri democratici del Paese.
Non basta a superare lo stallo, tant’è che il Presidente della Repubblica si trova a questo punto nella necessità di alzare i toni dei suoi richiami, ben sapendo tuttavia che non sempre i moniti pacificatori del Quirinale producono l’effetto desiderato. Comunque, in mancanza di un esplicito accordo dei partiti, Mattarella si accinge a “inventare” una maggioranza, la più ampia possibile, attorno al cosiddetto governo di tregua o di responsabilità istituzionale.
In effetti, la stanchezza della pubblica opinione induce a un cambio di approccio politico. Il nodo principale da sciogliere è quello relativo alle minacce di elezioni anticipate. Di Maio, da qualche giorno, ne fa una bandiera; anche Salvini, a modo suo, affianca questa scelta; molti, alla fine, sembrano rassegnarsi all’inevitabile. Eppure non si tratta della soluzione più idonea per il Paese.
Spetta ai riformisti, a prescindere dalle incertezze del Pd, alzare il muro di protezione contro l’avventura di un ricorso immediato alle urne. Si tratta di animare, con proposte serie, un moto di autentica responsabilità civile. Da questa spinta deve scaturire il più forte sostegno all’ipotesi di governo che Mattarella si accinge a sottoporre all’attenzione dei partiti.
Dunque, no alle elezioni anticipate. L’Italia corre il rischio di rimanere al palo mentre l’Europa, lungo l’asse franco-tedesco, lavora a nuovi assetti dopo la scelta isolazionista della Gran Bretagna. Rimanere bloccati, senza un governo nel pieno delle sue funzioni, è la sciagura più grande che gli italiani possano mettere nel conto. Occorre dirlo ad alta voce, con la consapevolezza che il compromesso, se orientato al bene comune, rende forte la democrazia e i suoi istituti.