di Cristian Coriolano
Renzi chiude a Di Maio e Di Maio risponde a muso duro. È stata, quella di ieri, una domenica vissuta pericolosamente. In realtà, l’ex leader del Pd ha chiuso alla pretesa di fare un governo di stampo grillino, con i dem ridotti a semplici portatori d’acqua. Uno spiraglio è però rimasto aperto, visto che sulla scia di Franceschini anche Renzi suggerisce la soluzione del “governo delle regole”, per tentare nuovamente di avvicinare l’Italia al modello semi-presidenziale della Francia. Quale possa essere la legittimazione di tale formula non è facile dirlo: nessuno in campagna elettorale ha proposto di rimettere le mani sulla Carta costituzionale, né tanto meno ha spiegato in che termini e per quali obiettivi.
Si naviga a vista. In più, senza troppi giri di parole, Renzi ha voluto escludere l’ipotesi di Di Maio premier. Di qui la reazione del Capo politico – brutta definizione – del mondo pentastellato. “ll pd non riesce a liberarsi di Renzi – ha scritto su Fb -nonostante l’abbia trascinato al suo minimo storico prendendo una batosta clamorosa”. E ha stilato il suo verdetto: “Noi ce l’abbiamo messa tutta per fare un Governo nell’interesse degli italiani. Il pd ha detto no ai temi per i cittadini e la pagheranno”. In questo modo si bruciano i ponti dell’intesa cui aveva fatto cenno Fico, al Quirinale, assumendo più o meno velatamente il ruolo di garante della governabilità, anche in alternativa al suo Capo politico.
E, una volta tanto, azzecca la battuta giusta il governatore della Liguria, Giovanni Toti. “Renzi annuncia la linea del Pd in tv, Di Maio preannuncia novità su Facebook, i due partiti s’incontreranno prossimamente in streaming: ma si deve fare un
governo o siamo al Grande Fratello?”. In effetti, la sensazione diffusa è che gli attuali protagonisti della scena pubblica difettino del necessario senso di responsabilità. Tant’è che serpeggia un certo malessere della pubblica opinione. In Friuli la partecipazione al voto è scesa sotto la soglia del 50 per cento. Molti elettori, pur consapevoli del valore attribuito ai risultati del propria Regione, hanno disertato le urne. Pertanto, sulla vittoria del centrodestra cala un velo di insicurezza per lo scarso entusiasmo che accompagna la scontata impresa di Fedriga.
Adesso cosa può accadere? Mattarella non si lascerà suggestionare dalle minacce di rompere tutto, con il rischio di elezioni anticipate. Dietro le affermazioni più virulente si nasconde la fragilità di tutti i partiti e dei rispettivi leader. Non possono pensare, vincitori e vinti del 4 marzo, che la politica del “tanto peggio tanto meglio” incroci il favore degli italiani. Né possono coltivare l’illusione che sui mercati interessati alle sorti del Belpaese si mantenga la bonaccia. Incomincia a farsi largo, infatti, il sospetto che l’inconcludenza della politica possa scatenare una ondata speculativa, con annessi e connessi facilmente intuibili. Dunque, l’orizzonte si popola di nuvole e annuncia brutto tempo. Adesso, l’ombrello del Quirinale sembra il giusto riparo. Ma per quanto tempo ancora?