C’è una soluzione al problema arsenico che affligge ancora – dati Cittadinanzattiva-Legambiente – 110 comuni italiani disseminati per la maggior parte tra la Toscana e il Viterbese. Questa soluzione si chiama deroga e a prospettarla è il Cnr, ricordando come queste deroghe triennali possano essere chieste dagli stati membri della Comunità europea – la stessa che aveva messo fuori legge quasi tutti i 60 comuni della Tuscia – per un numero massimo di tre volte.
Una soluzione che il comitato Non ce la beviamo giudica inaccettabile. “Il nostro comitato da cinque anni sta lavorando nel Viterbese per informare la popolazione dei danni alla salute provocati dall’arsenico e per risolvere il problema alla radice – spiega Paola Celletti -. Sono ancora molti i comuni della Tuscia a sforare i livelli, ma invece di stanziare i fondi necessari all’attuazione di un piano che risolva definitivamente la situazione, qui si pensa ad alzare i limiti di arsenico da 10 microgrammi per litro a 20. E’ vero che nel nostro territorio l’inquinamento dell’acqua è legato all’assetto geologico, ma ciò non toglie che sia altamente nocivo”.
La Celletti punta il dito anche contro Talete: “Non si capisce perché una società deputata alla gestione del servizio idrico debba ricorrere a un appalto per gestire i dearsenificatori, peraltro incappando anche nella censura dell’Anac”.
Il comitato Non ce la beviamo ricorda inoltre come il tasso di incidenza dei tumori nella Tuscia, e in particolare quelli che colpiscono le vie urinarie, insieme a tutte le altre patologie connesse, sia molto più elevato che nel resto del Paese. “E questo non è un caso – conclude Celletti – perché l’arsenico è un fattore cancerogeno certo. Occorre immediatamente risolvere alla radice la questione. Sono quasi venti anni che i comuni beneficiano di deroghe senza intervenire in modo efficace e definitivo”.