Gli ultimi cinque anni passeranno alla storia per il clima di campagna elettorale permanente che ha vissuto la città di Viterbo, complici da un lato le spaccature all’interno della maggioranza in Comune; dall’altro l’atteggiamento di continua guerriglia mostrato dall’opposizione; dall’altro ancora il proliferare delle news sui siti Internet locali e la diffusione dei social, che, come argomentò Umberto Eco in un’illuminata disamina antropologica di qualche anno fa, hanno dato facoltà di parola anche a chi dovrebbe tacere.
Adesso i risultati di ciò sono sotto gli occhi di tutti e appaiono devastanti per l’intera classe politica, quella uscente, per ovvi motivi, ma anche – ecco il destino che presenta il conto – quella che si candida a prenderne il posto. L’overdose di polemiche, anche sulle cose più inutili, ha infatti generato una sorta di rigetto generale facilmente palpabile nella gran parte dell’opinione pubblica, che, se è vero che non sembra ben predisposta verso chi ha retto le sorti della città dal 2013 a oggi, è altrettanto vero che non appare neanche convinta di chi, sull’onda del risultato del voto del 4 marzo, già si sente con fierezza insediato sulla tolda di comando. In altre parole, anche quelli – e sono tanti – che non hanno perso occasione per criticare capziosamente l’operato dell’amministrazione, inondando di comunicati spesso inutili le redazioni dei siti, escono da questi 5 anni decisamente malconci, essendo essi stessi agli occhi della gente – che tende giustamente ad esaminare la dinamica complessiva degli eventi – parte integrante del sistema che non funziona.
Sembra un paradosso, ma è così. Nessuno a Viterbo mostra entusiasmo per i nomi dei possibili candidati che l’attuale opposizione vorrebbe piazzare sulle schede elettorali. Non solo: il dilagare del frazionamento sembra consegnare all’opinione pubblica l’immagine di uno scenario di guerra dove a combattersi, al posto degli eserciti, ci sono piccole bande armate, ognuna fatta di pretoriani assoldati per la difesa di un capo da cui, se uscirà vincitore, si aspettano laute ricompense. Il fenomeno riguarda sia il centrodestra che il centrosinistra.
E’ in siffatto scenario, al di là di chi ha partorito l’idea, che è maturata la candidatura di Alessandro Usai, personaggio estraneo ai giochi di potere e soprattutto detentore (agli occhi di chi abita in provincia) di un merito: fare un lavoro (apparentemente) importante. Meglio Usai, insomma – si sarà detto Salvini o chi per lui – delle solite facce che calcano la scena da decenni, sempre loro, sempre le stesse, e che rischiano pure di farti perdere. E sì, perché così funziona oggi il mondo per colpa di chi non si rende conto che a forza di urlare (a torto o a ragione, ma sempre di urla si tratta) si finisce per stancare chi ascolta.
E’ molto probabile che il centrodestra, se si presenta unito, vinca le elezioni e questo perché Viterbo non è una città di sinistra, non c’è un M5S organizzato e Michelini non è stato un sindaco – come dire? – molto popolare. Ma è altrettanto probabile che i voti, in termini assoluti, non saranno tanti per nessuno. E senz’altro, a seconda di come andranno le cose, è certo che chi andrà a votare lo farà turandosi il naso.