Il 16 aprile 1988, ammazzato dalle Brigate Rosse, moriva Roberto Ruffilli. Fu egli un uomo che voleva riformare la democrazia italiana, ormai esangue, mettendo al centro il cittadino arbitro. Le br lo uccisero, come Moro, perché il suo pensiero faceva paura. Sono infatti le riforme i veri nemici dei terroristi, dei rivoluzionari e dei populisti.
La gestione del potere degli uomini alla “ci penso io” non ha mai messo paura, ma spinge per reazione con il suo metodo verso il populismo e la voglia di rivoluzione. Questa fu la lezione di Ruffilli.
Egli spiegò bene che la “democrazia plebiscitaria” – quella di chi pensa che una volta eletto gli appartiene tutto perché ha vinto; quella di chi monopolizza tutto soffocando ogni spazio di pluralità e di diversità in virtù di quel risultato, che al contrario nell’ottica del cittadino dovrebbe servire solo perché ci si occupi dei problemi del Paese – era ed è il male peggiore. E’ la “democrazia pluralista”, al contrario, quella vera; parliamo della democrazia che garantisce spazi anche a chi perde ad ogni livello; la democrazia di chi non pensa di occupare tutto, dal Comune alla Provincia, dalla Regione agli enti minori; la democrazia che garantisce la diversità e la pluralità ben sapendo che laddove gli altri vengono esclusi ci si troverebbe in un Paese povero e a rischio.
Anche a Viterbo si gioca questa partita ed è una partita importante per i riformatori del centrosinistra che devono saper dimostrare la loro diversità dalla destra e da Salvini.
Non si può pensare di occupare ogni spazio, annullando nelle realtà locali che vanno al voto ogni possibilità per le diversità e per coloro che in altre consultazioni hanno perso con dignità e dando il proprio contributo determinante. Non si può pensare di riaffermare una sterile quanto arrogante egemonia dove, avendo vinto in una consultazione, tutto il resto non conta più. Non si può pensare che l’ultima elezione che vinci ti consente di prendere tutto, né si può accettare che gli altri, se nel rispetto delle regole democratiche rivendicano il loro diritto dovere di rappresentanza, vengano contrastati, vilipesi, ostacolati e se serve cancellati anche con meccanismi furbi e subdoli concordati con gli avversari.
Questo è il rischio per il centrosinistra viterbese, ma come Ruffilli per fedeltà ai suoi valori, al suo progetto ed al suo pensiero pago con la vita, anche in questa molto più banale vicenda non si potrà arretrare di un centimetro: ne vale la dignità di una cultura politica e di un impegno che non è stato mai e mai sarà in vendita o prone a pressioni o minacce. La democrazia è questa, merita sacrifici ed impegno perché ogni cosa, anche piccola, può danneggiare un valore fondante per sempre. Speriamo che tutti lo capiscano.
Annio da Viterbo