“Un popolo più di ogni altro dedito alle pratiche del culto, in quanto primeggiava nel coltivarle”. Con questa frase, lo storico Tito Livio, contemporaneo di Augusto, evidenziava il ruolo giocato dalla religione, dalle pratiche e dalle istituzioni a essa legate nella società etrusca. Dai culti gentilizi, che avevano come oggetto gli antenati e come luogo privilegiato le tombe, alle manifestazioni del sacro di carattere collettivo e cittadino, come i templi, gli altari, i luoghi preposti a trarre gli auspici e le stesse città, che dovevano essere rigorosamente fondate etrusco ritu, ossia nel rispetto della prassi rituale etrusca. Il tutto regolato da una disciplina ferrea e rigorosa, che gli Etruschi stessi attribuivano a Tagete, un bambino miracolosamente apparso da una zolla di terra, grazie alla cui saggezza erano state rivelate quelle peculiari tecniche divinatorie che avevano reso grande la fama dei Tirreni in tutto l’Occidente. E che parimenti contribuiva ad attribuire un’aura del tutto particolare ai sacerdoti specializzati in queste pratiche, gli aruspici, il cui aspetto era così peculiare da aver indotto già Catone il censore a “meravigliarsi che un aruspice non si mettesse a ridere quando vedeva un altro aruspice” (Cicerone, Della Divinazione).
Di tutto questo e molti altri aspetti poco noti della religione e dei miti etruschi si è parlato nei giorni scorsi di una conferenza organizzata da direttore del Museo di Villa Giulia, Valentino Nizzo. Nonostante i grandi passi avanti compiuti anche recentemente dalla ricerca archeologica e dagli studi scientifici degli storici che si occupano di antichità, il mistero di questo antico popolo che ha lasciato tracce indelebili nel Viterbese è tutt’altro che risolto.
Va detto tuttavia che molti sono stati sfatati, compresi ovviamente, per restare a Viterbo, quelli creati ad arte dalle molte falsificazioni del celebre frate Annio da Viterbo che, sul finire del ‘400, ebbe l’ardire di ricucire la storia primitiva dell’Etruria con quella del Vecchio Testamento, manipolando con grande abilità la tradizione e le testimonianze materiali dell’archeologia traendone non pochi vantaggi personali.