E’ un vizio antico del centrodestra: decidere a Roma quello che si fa a Viterbo. Una “tradizione” che affonda le radici nel lontano 1994, prima con il debutto sulla scena di Forza Italia, poi con la nascita del Pdl. A Roma sono state decise sempre tutte le candidature per il Parlamento e per il sindaco di Viterbo.
Significativa la battaglia combattuta da Nando Gigli in occasione delle elezioni politiche del 2001: nonostante l’evidente supremazia di Forza Italia, partito in cui l’ex capo storico della Dc viterbese militava, nel collegio uninominale di Viterbo fu imposto Marcello Meroi di An. Gigli dovette accontentarsi del collegio Viterbo 2, la provincia. Tutti gli eletti in quota centrodestra negli ultimi venti anni sono stati nominati, anche se, va detto, si è sempre trattato di gente di Viterbo. Non ci sono state clamorose cooptazioni di stranieri, a parte, come nelle elezioni dello scorso 4 marzo, i nomi inseriti nel listino.
Hanno quindi poco di che scandalizzarsi quanti oggi guardano con rabbia alla discesa in campo di Alessandro Usai. Così facendo dimenticano che anche per loro è avvenuta la stessa cosa. Semmai tutto ciò dovrebbe far riflettere sul funzionamento che ormai hanno assunto i partiti, sempre più verticisti e legati alla figura carismatica di un capo che vede e provvede per tutti i sottoposti.